Aprile 18, 2024

Il Caffè Keynesiano

UN SORSO DI ECONOMIA PER LA PAUSA QUOTIDIANA

Una proposta per battere l’inverno demografico

Quante volte si è dire che l’Italia è “Un Paese di Vecchi”? Tante, forse troppe. Non per niente siamo il terzo Paese più anziano al mondo. Ma, questa etichetta, seppur indichi in modo indiretto anche una situazione di più generale arretratezza tecnologica e soprattutto culturale, può in realtà – proprio attraverso questi caratteri – nascondere un approccio per risolvere alla radice il problema, almeno nel lungo termine.

I numeri dell’inverno demografico

Secondo i dati Eurostat si prevedeva un calo delle nascite che (comprendendo compensazioni attraverso l’immigrazione) porterà ad una popolazione di 50 milioni di italiani entro fine secolo, e questo non considerando peggioramenti aggiuntivi nei prossimi anni. Secondo i numeri del nostro Istituto di statistica (ISTAT) si profila invece un quadro ancora più drammatico, con una popolazione che arriverà ai 45 milioni prima della fine del secolo.

Una contraddizione generazionale enorme, dove in poco più di un secolo si è passati dalla più numerosa ondata di nascite mai registrata in Italia, quella del secondo dopoguerra, al dimezzamento della popolazione. Contraddizione ancor più grande se si immagina che in quell’arco temporale gli italiani e l’Italia sono passati dall’essere popolazione emigrante a meta di immigrazione e da Paese da ricostruire a potenza mondiale.

Nel 1948 ci furono 1.005.851 nascite, nel 2022 invece ce ne sono state 392.598. Nel 48′ il tasso di natalità era di 2,83 figli per madre mentre nel 2022 era di 1,24, per mantenere stabile la popolazione servirebbe un tasso pari a 2,1. A questo è giusto aggiungere come la speranza di vita alla nascita (fortunatamente) sia aumentata passando da 65,5 anni nel 1959 a 81 anni per gli uomini nel 2019. Una situazione numerica incredibile i cui effetti si trasportano su tutto il sistema economico. Un Paese più vecchio ha sia diverse esigenze (costi) che diverse capacità produttive (ricavi).

Le reali cause dell’inverno demografico

Dati questi numeri è però necessario analizzarli e studiare anche altro, e non fermarsi ai soli fatti immediatamente diretti.

Partendo dal più immediato però, iniziamo a contestualizzare la situazione e lo facciamo chiarendo che quello italiano è uno dei casi più frequenti, ovvero quello di un Paese che inizia ad avere un invecchiamento della popolazione associato al progredire della società e dell’economia (l’ultimo arrivato ad affrontare il medesimo problema è la Cina). Le ragioni sono molteplici, come ad esempio il miglioramento della situazione sanitaria, i cambiamenti nei desideri di vita personali dei singoli, l’aumento dei costi necessari per sostenere una famiglia, i cambiamenti degli stili di vita e così via.

L’Italia è nell’ultimo secolo passata dall’essere un Paese prevalentemente agricolo ad uno i cui punti forti sono la chimica, l’ingegneria e così via – ossia da un’economia a bassa ad una ad alta specializzazione – e da uno stile di vita familiare incentrato sulla sussistenza ad uno sul benessere personale-generazionale. Quindi a primo impatto possiamo un po’ tranquillizzarci, non siamo gli unici ad affrontare questo problema e, come detto, lo vivono anche altri Paesi con economie anche più grandi delle nostre, come il Giappone.

L’invecchiamento della popolazione e la società che cambia

Detto ciò, però, questo non significa che non sia affatto necessario trattare la situazione come un problema.

In questo stesso arco temporale i sistemi burocratici ed economici dello Stato sono completamente cambiati insieme alla società, oggi lo Stato ha un ruolo e un dovere di gran lunga maggiore rispetto a quanto non lo avesse immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale o anche prima, e ciò significa che il sistema sociale non può sostenere e affrontare i “vecchi problemi” come li si sarebbero affrontati prima. C’è bisogno di una soluzione nuova, più strutturata, più territoriale.

Questa è a tutti gli effetti la prima crisi demografica dello Stato Sociale (o Post-Sociale).

E da questo punto iniziamo ad approfondire ed allargare lo sguardo. Osservando i dati ISTAT vediamo come (insieme a tanti altri problemi) il calo demografico inizi negli anni 90′. In questo stesso periodo l’Italia ha iniziato la sua generale era di stagnazione, da ricondurre l’inizio dell’invecchiamento della popolazione. In questo stesso tempo l’Italia ha smesso di investire, di svilupparsi, di riformarsi in modo strutturale, alimentando conseguentemente la nascita dell’insostenibilità di un sistema produttivo e sociale basato sui pilastri costruiti fino ad allora.

E’ cambiato il modo di investire dello Stato italiano

Il sistema pensionistico è tra le manifestazioni più evidenti del blocco, un sistema che si basa sul ricambio generazionale per il ciclo di sostegno reciproco e che collassa senza la base lavoratrice sottostante. Ma non è l’unica parte del complesso economico a risentirne ovviamente.

Se un apparato si è col tempo espanso e ramificato per dare un certo livello di servizio, questo livello non potrà certamente essere garantito con un numero minore di personale per una popolazione che è col tempo cresciuta, qui la manifestazione più evidente si ha nel sistema sanitario ma visibile anche altrove.

Un fattore questo, che insieme ad altri (in primis a un’evasione fiscale elevata) porta ad una situazione dove i costi superano di gran lunga i ricavi (non solo economici) portando questi apparati ad essere visti col tempo come delle spese invece che strutture operative. La soluzione nel breve termine è quindi diventata quella di tagliare le spese, tagliare i costi di una struttura che non ha modo di essere mantenuta con l’andamento attuale del sistema economico.

E questo danneggia a sua volta la società in modo tale che diventi ancora più difficile uscire da questa situazione ormai diventata un cane che si morde la coda: Sistema Sociale troppo costoso, poca forza lavoro, insostenibilità di far fronte alle spese, taglio di quest’ultime a danno del sostegno sociale delle persone, le quali, a loro volta tagliano anch’esse le spese, e così via.

Una soluzione è ancora possibile: investire

La crisi sembra insuperabile, senza via d’uscita, ovunque la si cerchi. Eppure, forse la soluzione è così “semplice” da esserci sfuggita: la ragione per cui tutto è cominciato e il fattore su cui soprattutto l’Italia è rimasta indietro può essere la soluzione. Investire.

Una parola detta così, scollegata, può sembrare troppo generica e senza fondamenti, ma non è necessariamente questo il caso. In effetti cosa si intende con “investire”?, ci sono modi e modi per spendere i soldi. Bisogna farlo nel modo giusto, nei giusti luoghi.

Per primo si potrebbe investire massicciamente nell’istruzione, nella lotta all’evasione scolastica e nello sviluppo tecnologico, una persona più istruita, più formata produce di più a parità di tempo, è capace di usare strumenti migliori e minimizzare il suo sforzo e magari nel lungo andare e nell’aggregato costare meno dell’attuale sistema. Inoltre, una persona più istruita ha abitudini migliori e più salutari, necessitando di meno cure anche in età avanzata.

Ma bisogna fare anche altro, investire in quelle necessità che richiedono i moderni stili di vita e familiari, come in servizi per l’infanzia che garantiscano la possibilità a più persone di lavorare senza rinunciare alla famiglia (aumentando la base lavoratrice e contrastando anche il famoso gender-gap).

Investire in un sistema di trasporto moderno, che minimizzi i costi temporali e salutari e recuperi anche le zone periferiche. Un sistema sanitario mirato alla prevenzione invece che alla cura – prevenire è meglio che curare non è solo un detto antico.

Il fattore Tempo e il dialogo tra generazioni

C’è infine un’ultima cosa da dire poi per rendere ancora più chiara l’immagine. Queste riforme se fatte in modo giusto e nei giusti tempi saranno aiutate dal Tempo stesso. Prima ho detto che questa è la prima crisi demografica dello Stato Sociale. Non l’ho detto per pura retorica, ma per evidenziare il fatto che molte di quelle persone che hanno usufruito di questi frutti sono ormai nati diverso tempo fa.

I maggiori beneficiari, che sono anche le generazioni più numerose, inizieranno nel prossimo tempo un processo di decrescita, che unito alle giuste riforme può spingere l’Italia (come tutto i Paesi sviluppati) fuori dalla crisi demografica. Ma il tempo è limitato. Una cosa che ci insegna da tanto il dio mercato è che chiunque non investa ed evolva è destinato a perire nel lungo andare, ma forse non abbiamo mai veramente studiato la lezione da più prospettive.