Luglio 22, 2024

Il Caffè Keynesiano

UN SORSO DI ECONOMIA PER LA PAUSA QUOTIDIANA

I primi risultati dell’Inflation Reduction Act (IRA): la manovra che spaventa l’Europa

Era il 16 Agosto del 2022, oltre un anno fa, quando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden firmava l’Inflation Reduction Act (IRA), una misura volta a moderare gli effetti dell’inflazione e ridurre il deficit federale. Se una buona parte di noi accoglieva con entusiasmo la più grande riforma green della storia degli Stati Uniti, i piani alti di Bruxelles guardavano con grande preoccupazione a una manovra che a detta di tanti avrebbe potuto cambiare equilibri e protagonisti della transizione energetica.

Ad oggi è evidente che l’IRA giocherà un ruolo chiave nella ridurre le emissioni di un Paese che soltanto nel 2022 ha rilasciato in atmosfera 5.000 milioni di tonnellate di CO2 (circa il 15% delle emissioni globali). Questa è indubbiamente una buona notizia. Ma ormai è altresì chiaro ai più che il carattere protezionistico della manovra americana potrebbe sottrarre all’Europa il ruolo di protagonista della transizione verde, richiamando imprese e investimenti verso il Nuovo Continente. Cerchiamo di addentrarci nei contenuti della manovra e nei risultati importanti che è già riuscita a conseguire in questi primi 15 mesi.

Come nasce e come funziona l’Inflation Reduction Act

L’Inflation Reduction Act è stata promossa dai senatori democratici Schumer e Manchin con l’obiettivo di contrastare gli effetti dell’inflazione, di ridurre il deficit federale e di incentivare le fonti di energia pulita. Sembra paradossale che una manovra che contiene gli ingenti sussidi che elencheremo possa mirare a una riduzione netta del deficit stimata attorno ai 238 miliardi. Tuttavia, l’intero assetto dell’IRA si basa su un aumento sostanziale dei risparmi sulla salute, derivante dall’abrogazione della norma trumpiana sugli sconti sui farmaci e da un cap all’inflazione sui prezzi dei medicinali, e su un forte aumento dei ricavi federali.

L’IRA prevede infatti l’applicazione della tassa minima globale del 15% sulle imprese, il rafforzamento dell’ Internal Revenue Service, con l’obiettivo di consolidare il processo di riscossione delle tasse, e altre misure di contorno, come l’accisa del 1% sui riacquisti di azione proprie. Tra le fonti di spesa, il fulcro della manovra sono gli incentivi per energia e clima, mentre in secondo piano vi sono le spese volte ad aumentare l’assistenza sanitaria (108 miliardi).

Le preoccupazioni dell’UE sugli effetti dell’IRA

I circa 400 miliardi che l’IRA investe nella transizione energetica sono il vero motivo di preoccupazione per l’Unione Europea. Gli Stati Uniti dovrebbero mettere a disposizione delle aziende americane coinvolte nella produzione di energia pulita ben 260 miliardi di dollari sotto forma di crediti di imposta. Questi non dovrebbero servire a supportare soltanto tecnologie ormai consolidate come l’eolico, il solare, le batterie ad accumulo e le macchine elettriche, ma anche tecnologie emergenti come l’idrogeno verde, il biofuel e il carbon capture and storage (CCS).

Allo stesso tempo il governo federale mira a redistribuire risorse con dei finanziamenti diretti attraverso alcune delle sue agenzie. Per esempio, il Department of Energy (DoE) dovrebbe mettere a disposizione 82 miliardi in forma di sovvenzioni e 40 miliardi in forma di prestiti, dando un impulso ancora maggiore agli investimenti privati nel settore delle rinnovabili e dell’energia pulita. Bisogna domandarsi a questo punto se gli Stati Uniti riusciranno veramente a guadagnarsi un vantaggio competitivo nella transizione energetica e a ridurre le emissioni di CO2.

I primi effetti dell’IRA sull’energia rinnovabile

Uno studio condotto da ING ha analizzato gli effetti dell’IRA a 12 mesi dall’ inizio della sua implementazione, mostrando che la risposta alle ingenti risorse introdotte c’è stata ed è degna di nota. Secondo l’analisi del gruppo bancario olandese, solamente nelle prime 50 settimane dall’attivazione della manovra, nel settore elettrico statunitense sono stati annunciati investimenti per un valore di 271 miliardi di dollari. Il grafico che segue ci mostra la loro ripartizione tra nuovi progetti e opere manifatturiere, accordi di forniture e altri investimenti ad essi collegati.

Investimenti annunciati in elettricità pulita negli Stati Uniti

Source: “One year on: America’s Inflation Reduction Act is closer to reshaping the US clean energy industry”, ING (2023)

Se vogliamo convertire la portata degli investimenti in nuova capacità elettrica, l’aspettativa dopo soltanto 50 settimane è quella di vedere connessi alla rete 185 GW di elettricità pulita nei prossimi anni. Valore che ad oggi rappresenta l’80% dell’attuale produzione elettrica da fonti rinnovabili negli Stati Uniti.

Gli effetti dell’IRA sul settore dell’Automotive

Concentrandoci invece sui dati relativi a due industrie specifiche, quella dei veicoli elettrici e quella dell’idrogeno, possiamo apprezzare ancora meglio la spirale di effetti che l’IRA ha innescato. A luglio 2023, l’Inflation Reduction Act aveva attratto un totale di 72 miliardi di dollari di investimenti privati nell’industria dei veicoli elettrici (EV). Ovviamente, gli investimenti non riguardano soltanto le aziende che producono EV, ma l’intera value chain, come mostra il grafico sottostante.

Investimenti annunciati nell’industria dei veicoli elettrici

Source: “One year on: America’s Inflation Reduction Act is closer to reshaping the US clean energy industry”, ING (2023)

Per quanto riguarda l’idrogeno, invece, sono stati annunciati investimenti che dovrebbero portare a una capacità di 6,5 millioni di tonnellate l’anno (Mtpa) di idrogeno blu e 2,4 Mtpa di idrogeno verde. Si tratta di una crescita rispettivamente del 30% e di tre volte e mezza rispetto a quanto annunciato prima dell’implementazione dell’IRA, garantendo al Paese entro il 2030 un raddoppiamento della produzione totale di idrogeno.

Geopolitica, concorrenza tra Vecchio e Nuovo mondo: la sfida tra America e UE

Ciò che più di tutto spaventa l’Unione Europea, tuttavia, è legato alla natura protezionistica dell’IRA, che nel tentativo di sviluppare delle supply chain domestiche dell’energia clean e di battere la concorrenza cinese, rischia di affossare le aziende europee o quantomeno di incentivarne la rilocalizzazione. Attraverso rigide regole di ammissibilità per i livelli più alti di crediti d’imposta, infatti, l’IRA mira a portare buona parte delle supply chain connesse alle rinnovabili e, soprattutto, ai veicoli elettrici nel Nord America.

Tutto ciò, come già detto, nell’ottica di contrastare il dominio della Cina nel settore dell’energia pulita. Pechino ad oggi controlla il 77% della capacità produttiva globale di celle per batterie, l’88% della capacità produttiva di energia solare fotovoltaica e una media del 50% della capacità produttiva di energia eolica ed elettrolizzatori.

Alcuni effetti dell’introduzione dell’IRA sulle supply chain si possono scorgere nel fatto che quest’anno General Motors ha annunciato una joint venture con la società mineraria Lithium Americas per ottenere l’accesso esclusivo al litio da un sito minerario nel Nevada. Sempre nel 2023 si è stabilito che Ford ricevesse un prestito di 9,2 miliardi di dollari dal DoE (il più grande prestito singolo nella storia del DoE) per sviluppare impianti di batterie in collaborazione con la società di batterie SK Innovations nel Tennessee e nel Kentucky. Anche Tesla, BMW, VW, Hyundai, Honda e altri stanno investendo nella produzione di batterie. Ma si potrebbero citare molti altri esempi di come le scelte di Washington incentivino la creazione di supply chain locali e favoriscano le imprese americane.

Gli effetti dell’IRA sull’ambiente

È probabile che nonostante le risorse messe in campo, gli Stati Uniti non riescano lo stesso a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti a Parigi. Grazie agli effetti dell’IRA, tuttavia, si stima che il Paese possa riuscire a tagliare le emissioni tra il 43 e il 48 % entro il 2035, un risultato comunque insperato prima dell’introduzione della manovra.

Ciò che è certo è che i timori dell’Unione Europea in merito alla portata degli investimenti in energia pulita e in supply chain locali sono del tutto fondati. Se gli Stati Uniti riusciranno a essere ancora più dettagliati ed efficaci nella presentazione delle linee guide per avere accesso agli incentivi, è probabile che a breve parleremo di risultati ancora migliori di quelli esposti. All’Unione Europea, quindi, non resta altro che lavorare a una risposta coesa e importante.

di Guglielmo de Puppi