Luglio 23, 2024

Il Caffè Keynesiano

UN SORSO DI ECONOMIA PER LA PAUSA QUOTIDIANA

Che cosa dice il Ddl Concorrenza?

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Finalmente è arrivato il primo sì: con 180 voti favorevoli, e 26 contrari, il ddl Concorrenza ha superato i veti, le barricate e i mal di pancia del Senato e ora si appresta ad approdare alla Camera, dove non solo occorrerà stare attenti agli attacchi di chi sta già affilando i coltelli in vista della conta, ma si dovranno pure trovare le risposte alle tante parentesi ancora aperte che ancora accompagnano questo disegno di legge. Già, perché questo primo sì è tutto fuorché l’ultimo e definitivo, e per ora si prefigura una strada tortuosa.

Come prima cosa occorre fare un po’ di chiarezza attorno al dibattito pubblico che ha accompagnato il ddl Concorrenza, che come lascia intendere il nome, non riguarda solo le concessioni balneari. Quest’ultime rappresentano, infatti, solo la punta dell’iceberg di un sistema corporativo ben più ramificato e che la direttiva europea Bolkestein cerca di mandare in soffitta da più di un decennio. A dire il vero, il governo italiano avrebbe dovuto già da tempo emanare un’apposita legge sulla concorrenza, con cadenza annuale, come ha ricordato lo stesso Draghi in conferenza stampa, ma dal secondo governo Berlusconi in poi (fatto salvo il 2017), ciò non è mai avvenuto. Si è quindi dovuti ricorrere a uno strappo rispetto al passato, generando un disegno di legge che si compone di ben 36 articoli, di cui uno dedicato alle concessioni balneari. Le quali hanno il pregio di esemplificare un problema: a fronte di un giro d’affari complessivo del valore di 15 miliardi di euro, lo Stato italiano incassa solo 101 milioni. E non si tratta solo di una questione di tasse, ma anche del fatto che quello dato in concessione a un soggetto privato, perché è questo il punto, è a tutti gli effetti un bene pubblico. Una spiaggia è, e dovrebbe essere, di tutti e non solo di pochi eletti, ma sulla concorrenza si sa, come d’altronde accade anche sulla casa, si toccano temi cari ai partiti. La destra unita, ad esempio, ha dapprima posto il veto sulla delega fiscale, ottenendo ulteriori garanzie sull’assenza di tasse (almeno fino al 2026) e ora, sul tema delle concessioni balneari, batte i pugni sul tavolo per mantenere lo status quo.

Che cosa accadrà alle concessioni balneari?

Il testo votato lunedì 30, infatti, impone la messa a gara delle concessioni balneari (ivi compresi laghi e fiumi per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive) entro il 31 dicembre 2023. Ciò significa che dal primo gennaio 2024 i beni dati in concessione dovrebbero tornare allo Stato, ma in questo caso il condizionale è d’obbligo, perché nel Paese delle eccezioni, qual è l’Italia, è possibile posticipare di ulteriori 12 mesi il vincolo del 2023 (appena varato). Se infatti vi dovesse essere la presenza di un contenzioso o difficoltà oggettive legate all’espletamento della gara, ecco che si guadagnerebbero ulteriori 12 mesi, giungendo così al 31 dicembre del 2024. Ma non è finita qua, perché sono stati anche previsti degli indennizzi per i concessionari che dovessero perdere la gara per lo stabilimento balneare o il bene oggetto della cessione da parte dello Stato. E qui inizia il gioco dei rimandi, perché con questo ddl il governo chiede al Parlamento il via libera per legiferare e le linee guida, ma poi sarà compito dei singoli decreti legislativi (che verranno di volta in volta approvati) definire nello specifico dettagli come questi, che non sono certo di poco conto. D’altronde, come riportava anche il Corriere della Sera del 27 maggio, le posizioni dei vari attori chiamati a decidere non sono poi così vicine. Nell’articolo si legge “Da una parte c’erano Lega e Forza Italia che chiedevano un indennizzo basato sul valore complessivo dell’impresa che includesse quindi sia i beni materiali che immateriali, compreso l’avviamento commerciale. Per i Cinque Stelle era importante una «valutazione equa fatta sulla base di una perizia estimativa giurata da un perito indipendente». Il governo preferiva invece il valore dell’impresa «al netto» degli investimenti.” E su questi distinguo è interessante la posizione di tutti quei politici che chiamano in causa l’impostazione (a favore dei concessionari balneari storici) assunta dal Portogallo, perché, come riportato dal Sole 24 Ore“lo scorso 6 aprile, Bruxelles ha deciso di avviare una procedura di infrazione nei confronti di Lisbona per la mancata corretta attuazione delle norme relative alle procedure di gara per l’aggiudicazione di concessioni balneari.”. Quindi è falso affermare che la direzione assunta dal Portogallo sul tema sia andata bene all’Ue, anzi, ed anche l’Italia (qualora dovesse fare retromarcia alla Camera o concedere indennizzi privi di senso agli attuali concessionari) potrebbe subire la medesima sorte. Ad oggi, infatti, l’unica cosa certa è che a pagare per una concorrenza vera sarà il vincitore della gara, sempre ammesso che non si tratti dell’ultimo proprietario, o di chi è abituato a pagare le tasse (sempre se dovesse scattare l’infrazione da parte dell’Ue).

Concessioni idroelettriche e taxi

E purtroppo, neppure alle concessioni del settore idroelettrico e a quelle legate al trasporto pubblico (Taxi e Ncc) è andata meglio, anzi. Sulle prima ha giocato forza l’attuale crisi energetica e le richieste della Lega, la quale è riuscita a far inserire il golden power sulle concessioni, come riportato dal giornale La Verità. Nell’articolo, a firma di Claudio Antonelli, si legge “Gli asset strategici, anche se in concessione – è stato stabilito – rientreranno nell’ambito di applicazione del golden power. Nello specifico, saranno coperti da golden power «i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale, anche se oggetto di concessioni, comunque affidate, incluse le concessioni di grande derivazione idroelettrica».” Sui taxi invece, all’articolo n° 10 si trova la frase che ha scatenato le ire del settore: “promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze, al fine di stimolare standard qualitativi più elevati”. Che alle orecchie degli addetti al settore deve aver sortito lo stesso effetto delle unghie su di una lavagna, o giù di lì. E dalle colonne del Il TempoAndrea Anderson, della segreteria nazionale del sindacato Orsa Trasporti ha dichiarato “quello che esigiamo – ha dichiarato Anderson – è lo stralcio totale dell’articolo 8 da questo Ddl. E per ottenerlo siamo pronti a fare le barricate, se necessario. Questo deve essere chiaro”. Un pensiero condiviso anche da Loreno Bittarelli, Presidente URI e Presidente del Consorzio Nazionale ItTaxi, per il quale “Siamo tutti uniti in questa battaglia con l’intenzione di portarla fino in fondo. La nostra posizione è chiara: quell’articolo va cancellato e, contestualmente, vanno ripresi i discorsi relativi ai decreti attuativi.” Se queste sono le premesse, è assai probabile che lo scontro sul ddl Concorrenza continuerà. Tuttavia, sin da ora è possibile tracciare un bilancio del testo uscito dal Senato.

Il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto

Le concessioni rappresentano un terreno scivoloso per qualunque governo e a maggior ragione per uno nato da un’alleanza spuria. Draghi ha avuto il merito di puntare i piedi e minacciare le dimissioni in caso di ulteriori slittamenti nella tabella di marcia per l’approvazione del ddl, ed in questo lo hanno aiutato i vincoli del Pnrr, i quali identificano la misura sulla concorrenza come “riforma abilitante” (ovvero, “interventi funzionali a garantire l’attuazione del piano”). È inoltre positivo l’intervento sulle colonnine per la ricarica delle auto elettriche sui tratti autostradali, ove si specifica che “dovranno prevedere criteri premiali per le offerte in cui si propone l’utilizzo di tecnologie altamente innovative, con specifico riferimento, in via esemplificativa, alla tecnologia di integrazione tra i veicoli e la rete elettrica.” Sempre col pollice verso l’alto vi è anche l’intervento sulle piattaforme digitali volto a tutelare maggiormente il consumatore in caso di prevaricazione. Nello specifico, e come riportato dal Sole 24 Ore“la norma integra la disciplina dell’abuso di dipendenza economica introducendo una presunzione relativa (cioè superabile fornendo prova contraria) di dipendenza economica nelle relazioni commerciali con un’impresa che offre servizi di intermediazione di una piattaforma digitale, se questa ha un ruolo determinante per raggiungere utenti finali e/o fornitori, anche in termini di effetti di rete o di disponibilità dei dati”. Di fatto questo articolo svolge una funzione di scudo ogni qual volta i dati forniti da una piattaforma siano carenti, oppure si presentino vicoli così stringenti da pregiudicare la migrazione presso altri operatori.

Purtroppo non si può dire altrettanto sulle deroghe a cui sono soggette le concessioni balneari, perché nel 2023, e per diverse strutture nel 2024, ci sarà un nuovo esecutivo, il quale potrebbe decidere di rimandare o riscrivere daccapo l’intero impianto in fase d’approvazione, con buona pace dei fondi del Pnrr. D’altro canto Giorgia Meloni ha già affermato che “In Spagna, in Portogallo, hanno prorogato le concessioni. Le infrazioni? Se ne sono fregati”, e Massimo Mallegni, Senatore in quota Forza Italia, ha voluto precisare – come riportato dal Corriere della Sera – che “Qualora il centrodestra vincesse, come ci auguriamo, le elezioni nel 2023, ci impegniamo solennemente a modificare la norma approvata dal Senato. Allo stesso tempo non butteremo via ciò che con fatica abbiamo ottenuto: gli indennizzi. È stata una decisione storica, fino a oggi questo era vietato dall’Articolo 49 del Codice della Navigazione. Quindi vittoria”. Sempre sugli indennizzi citati da Mallegni, è bene ricordare che, tolto l’Art. 49 del Codice della Navigazione, questi verranno elargiti anche a chi ha compiuto abusi, anche edilizi, come ricordato da Angelo Bonelli di Europa Verde.

Da una parte l’Italia avrà la sua legge sulla concorrenza, com’era tra l’altro previsto e per giunta con cadenza annuale, dal lontano 2009, e forse, grazie ad essa si riusciranno ad evitare le sanzioni europee. Tuttavia, le numerose eccezioni, i possibili cambi dell’ultimo minuto e i regali a chi per anni ha versato una miseria all’erario, lasciano l’amaro in bocca.

di Claudio Dolci e Roberto Biondini